Valutazione sulle scelte urbanistiche dell’Amministrazione tra il 2017 e il 2022

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E’ trascorso circa un anno e mezzo da quando la Giunta guidata dal sindaco Federico Sboarina ha iniziato ad amministrare Verona; credo sia possibile fare un primo bilancio.

Nei dieci anni precedenti, le due amministrazioni del sindaco Flavio Tosi, avevano previsto un aumento di popolazione di 25.000 abitanti, di conseguenza erano stati programmati nuovi insediamenti per circa 4.300.000 mc, (al nuovo volume di 2.843.900 mc vanno sommati i 700.000 mc non ancora edificati del vecchio PRG e un volume di riserva pari a 750.000 mc); oltre a circa 3.000.000 mc (circa 750.000 mq), di edifici ad uso commerciale, terziario, direzionale e alberghiero. Da tenere presente che, alle volumetrie pianificate dall’amministrazione comunale, dovevano essere aggiunti gli oltre 4.800.000 mc previsti dalla Regione attraverso il P.A.Q.E. (Piano Area Quadrante Europa).

Tutto questo, senza considerare il saldo demografico negativo e i circa 10.000 appartamenti sfitti.

La nuova amministrazione del sindaco Sboarina, decise di rivedere la pianificazione precedente.

Iniziò rivisitando la variante 23, ridimensionando le aree edificabili, togliendo quasi 16.000 mq di costruito rispetto alla precedente Variante.

Ridusse del 13 % il perimetro urbano in cui era possibile autorizzare nuovi centri commerciali, in attuazione alla normativa regionale di pianificazione delle aree destinate a strutture di vendita.
Questa variazione avrebbe dovuto preservare i centri storici minori, escludendoli dal perimetro entro il quale costruire grandi centri commerciali. Pertanto, Poiano, Quinto, la Spianà, e in parte anche Ca’ di David, vennero esclusi dalle  zone dove era possibile realizzare i poli commerciali.

Sono state riconsiderate in ambito urbanistico le aree dismesse e da riconvertire ex articolo 114. Sono stati revisionati i  vincoli negli edifici del centro storico. Venne definita la riqualificazione degli edifici in collina e nel parco dell’Adige, e adeguate le norme per le grandi strutture di vendita sulla base della legge regionale 50.
Vennero eliminate le Schede Norma di: Palazzina, Ca dell’Orto, Cercola, Santa Maria in Stelle, Ex tiro al volo, Spianà golf, San Rocchetto, Tigli e Quinto.

Furono bloccate sei grandi strutture commerciali, tra cui quelle alla Cercola a Verona est di 24.550 mq; di Garda Re di 8098 mq; del Consorzio Agrario Lombardo Veneto di 6.260 mq e della Liquigas di 5.273 mq, in ZAI; della Bernard S.r.l. di 2.700 mq alla Spianà e di Giuseppe Godi di 2.500 mq alla Bassona.

Venne ridotta del 18% la superficie agricola da utilizzare per nuove edificazioni: la stima del consumo di S.A.U. (Superficie Agricola Utilizzata) passò da 784.405 mq della vecchia Variante a 645.245 della nuova versione.

Fu verificata la legittimità degli edifici oggetto di recupero, localizzati negli ambiti a parco agricolo, e conseguente eliminazione di quelli risultati abusivi. Delle 31 schede approvate dalla precedente amministrazione, dopo i controlli sull’abusivismo, solo 11 sono state dichiarate legittime.

Sono state riviste le volumetrie previste nelle cosiddette aree dismesse.

Per l’ex Manifattura Tabacchi in Z.A.I., la nuova ipotesi progettuale ridusse la superficie commerciale approvata dalla precedente amministrazione, portandola da 18.406 mq a 7.000 mq. Su un’area di circa 31.000 mq è stata ipotizzata la realizzazione di due grandi alberghi, di ristoranti, di uffici, di edifici per servizi e di negozi, oltre ai circa 7.000 mq di commerciale. Sono stati previsti dei parcheggi sotterranei, un parco ed  un percorso ciclo-pedonale di collegamento con la stazione. Un terzo degli edifici, tra cui la ciminiera, è stato tutelato come archeologia industriale.

Per l’ex fabbrica Tiberghien in borgo Venezia, sono state mantenute solo le parti più antiche, riconosciute come elementi di archeologia industriale.  Rispetto al progetto tosiano, venne ridotta la quantità di superficie commerciale, passando da 15.000 mq a 6.000 mq. Tra le diverse funzioni, è stato previsto un albergo, residenze, servizi ed un asilo nido o scuola d’infanzia, o un centro per anziani. La ristrutturazione dell’ ex Tiberghien è inserita nel P.A.Q.E. (Piano Area Quadrante Europa) della Regione.

Venne ridotta la superficie commerciale del supermercato Rossetto, da 11.300 mq a 8.200.

Fu bloccata la richiesta di IKEA di realizzare alla Marangona un nuovo centro commerciale da circa 80.000 mq, accanto a quello tradizionale di vendita di arredamenti, di circa 40.000 mq.

Per poter accogliere le due richieste di IKEA, era necessaria una modifica alle leggi regionali in tema di urbanistica e di commercio, oltre alle norme sul consumo di suolo pubblico, ed una conseguente modifica al P.A.Q.E.

E’ stata fermata la richiesta della società Adige Jewels, proprietaria degli oltre 70.000 mq di terreno a rischio esondazione, al Nassar di Parona, per realizzare una nuova lottizzazione di undici palazzine in un’area S.I.C. (Sito di Interesse Europeo), ancora a verde e a pochi metri dal fiume. Anche questo progetto fa parte del P.A.Q.E.

Venne approvato il progetto per la zona dismessa relativa all’ex area ferroviaria a Porto San Pancrazio. Su un’area di circa 29.000 mq, è stata proposta la realizzazione di impianti sportivi di vario genere, utilizzando i circa 258.000 mc di volumi dismessi.

La nuova Giunta Sboarina è stata costretta ad inghiottire alcuni bocconi avvelenati lasciati dalla precedente Giunta Tosi.

Uno è stato il progetto per le linee del filobus. Un secondo è relativo all’intervento edilizio nell’area dell’ex Cardi al Chievo. Il terzo boccone è l’area ex Bam in via Mameli. Il quarto boccone avvelenato è la lottizzazione Borgo degli Ulivi in località Monsel di Quinzano.

La mobilità cittadina

La mobilità urbana risulta essere uno dei problemi più importanti e con le maggiori difficoltà di soluzione. Purtroppo anche la Giunta Sboarina, l’ha affrontato in modo sbagliato.

Innanzitutto sarebbe necessario prevedere un nuovo e diverso modello dei trasporti urbani, che privilegi quelli pubblici rispetto a quello privato a motore.

Inoltre, andrebbero analizzati i diversi attrattori di traffico e le ore di maggior intensità dei flussi nelle arterie che li servono, per programmare e differenziare le aperture e le chiusure degli stessi. Probabilmente, in futuro, i motori ibridi e/o elettrici, sostituiranno quelli a combustione interna ma, per ridurre l’inquinamento, è necessario che l’energia prodotta derivi da fonti rinnovabili; l’Italia produce da tali fonti, circa il 60% dell’energia elettrica totale, è ancora troppo poco.

In ogni caso, l’uso eccessivo di automobili private, anche se elettriche, provoca un insostenibile impatto sul territorio e sull’ambiente, per la necessità di sempre nuove infrastrutture stradali, di parcheggi e di occupazione di suolo pubblico.

La sola soluzione è nel trasporto pubblico, che dovrebbe rappresentare una reale alternativa a quello privato a motore, non un suo complemento.

Pur ritenendo il progetto del filobus, così come è stato pianificato, non adatto a risolvere i problemi di Verona; dopo il taglio di centinaia di alberi, spesi parecchi soldi e cantierizzato molte zone della città, è doveroso ultimarlo al più presto. Magari evitando che il suo percorso transiti da via XX Settembre e via San Paolo, ma segua il tracciato esterno delle mura magistrali.

Oltre al filobus, andrebbe istituito un servizio di minibus elettrici di collegamento con il Centro Storico; rivista e potenziata la rete dei percorsi ciclabili; realizzati i parcheggi scambiatori; attuata la pedonalizzazione del centro storico; mentre Borgo Trento, Cittadella, Valverde, San Bernardino e San Zeno, diventerebbero Zone a Traffico Limitato.

Ma, questi interventi strutturali, probabilmente, non saranno brevi e, soprattutto, per cambiare la mentalità e gli usi della gente ad un nuovo modello di mobilità, potrebbero servire decenni.

Tempi lunghi e difficoltà andrebbero a vantaggio di tutti coloro che propongono la grande infrastruttura, la cosiddetta panacea a tutti i problemi della mobilità: il traforo lungo, magari autostradale, o la resuscitata Mediana, che devasterebbe quello che resta del parco dell’Adige a est. Da sottolineare che per entrambe le opere, servirebbe il collegamento con l’ipotetica Strada di Gronda, tra San Massimo e l’attraversamento dell’Adige alla Sorte, un territorio ancora integro e paesaggisticamente prezioso.

Limitarsi ad attendere un cambiamento negli usi dei veronesi, potrebbe essere pericoloso.

Nel caso in cui i vari interventi non fossero sufficienti per risolvere il collegamento tra Borgo Trento e Borgo Venezia, ritengo sia necessario trovare un valido deterrente alle eventuali pressioni per il Traforo lungo e/o la Mediana.

L’ipotesi di un’opera viabilistica, non urbanistica, come un traforo breve per mezzi privati, che colleghi Porta Vescovo con la zona dell’Ospedale, potrebbe servire allo scopo; anche se sarà particolarmente complicato progettare l’entrata e l’uscita dell’infrastruttura.

Ma, una volta terminata la realizzazione di un efficace sistema di trasporto pubblico, il traforo breve potrebbe essere interdetto alle automobili private e inserito nei percorsi del filobus.

Sentenze del TAR veneto.

Il vincolo dei cosiddetti diritti acquisiti, non ha certamente aiutato a fermare i progetti più devastanti e inutili, ma già approvati: l’ex BAM in via Mameli; la lottizzazione all’ex stabilimento Cardi al Chievo; la lottizzazione a Quinzano, sotto San Rocchetto; e quella a Montorio, Ai Tigli.

Ma, se per riparare i guasti della precedente amministrazione, nei casi sopracitati, esistevano ed esistono grosse difficoltà, in altri si sarebbe dovuto intervenire in modo diverso.

Mi riferisco in particolare alla proroga concessa alla lottizzazione Borgo degli Ulivi in località Monsel di Quinzano, formata da una sessantina di abitazioni per un totale di 19.000 mc.

Lo stesso si può sostenere per la proroga dell’intervento edilizio previsto all’ex Macello.

Le mancate correzione alla pianificazione tosiana.

Dopo aver tentato di correggere alcune scelte della precedente giunta Tosi, intervenendo sulle Varianti 22 e soprattutto 23, è con la 29, la prima totalmente elaborata dall’attuale Giunta, che emerge l’idea di città della nuova amministrazione. Come la precedente, ha largamente concesso agli investitori privati di decidere la pianificazione del territorio.

Va considerato che, se per riparare alcuni guasti della precedente amministrazione, esistevano ed esistono grosse difficoltà, in altri e vari casi, si sarebbe dovuto intervenire in modo diverso.

Un primo caso è relativo al progetto del filobus. La Giunta Sboarina fece proprio il progetto del filobus, approvato dalla precedente Amministrazione, giustificando la scelta con i finanziamenti già stanziati e con le eventuali penali, nel caso che il contratto non fosse stato rispettato. Così, nonostante non fossero ancora terminati gli studi e le relative conclusioni del P.U.M.S. (Piano urbano della mobilità sostenibile), s’iniziarono i lavori di un sistema di filobus che, da più parti, era ritenuto poco adatto a risolvere i problemi della mobilità a Verona. Si sapeva che i filobus in programma, considerate le loro dimensioni e le infrastrutture tecniche di cui necessitano, avrebbero causato una serie di pesanti inconvenienti alle strutture urbane esistenti, il taglio di centinaia di alberi e la cantierizzazione della città. Per questi motivi, sarebbe stato più saggio e conveniente studiare sin da subito altre soluzioni e tentare di dirottare, su un progetto diverso, i finanziamenti già stanziati per il filobus.

Un secondo caso è stata la proroga concessa alla lottizzazione Borgo degli Ulivi, in località Monsel di Quinzano. Si tratta di una sessantina di abitazioni per un totale di 19.000 mc, dal 2011 bloccate al grezzo, di proprietà della Banca Popolare Alto Adige. La non concessione della proroga, avrebbe consentito alla nostra Pubblica Amministrazione di trattare, da una posizione di forza, con la banca. I costi relativi agli interventi per realizzare, se possibile, un tipo di viabilità adeguata a sostenere l’impatto di un tale insediamento residenziale, si sarebbero potuti addebitare totalmente alla Banca, così come altre eventuali operazioni, finalizzate a mitigare il notevole impatto ambientale.

Un terzo caso è quello relativo agli edifici e alle aree degli ex Magazzini Generali, che sarebbero dovute diventare una cittadella della cultura. La proprietà comunale fu alienata, nel 2003, alla Fondazione Cariverona, che ha avviato un progetto di recupero e valorizzazione dell’intera area.

Dal 1999, tutta l’area venne sottoposta a vincolo, come patrimonio di archeologia industriale. Ma, il vero obiettivo della proprietà, era quello di superare i diversi vincoli e di parcellizzare i vari edifici per attuare scelte d’uso differenziate, che privilegiassero le funzioni più redditizie, come quelle commerciali, terziarie e direzionali. Per ottenere questa possibilità, era necessaria la sdemanializzazione dell’area pubblica, operazione favorita anche da proposte di riqualificazione della stessa, con ipotesi di un polo culturale e di un auditorium in una zona, la ZAI, che ne avrebbe avuto e ne ha, un oggettivo bisogno. Infatti, la Fondazione, appena acquisita l’area, sostenne il recupero della zona come: “sede museale della fondazione acquirente, nonché altre attività istituzionali nei settori dell’arte, della conservazione e valorizzazione dei beni e attività culturali”. Ma, una volta ottenuta dalla Stato la sdemanializzazione, anche grazie alle ipotesi di utilizzo culturale degli edifici, ridimensionò le aspettative limitandosi a: “Uno spazio polifunzionale da adibire ad auditorium per lo svolgimento di spettacoli e manifestazioni” e un archivio da adibire a “polo archivistico regionale”.  Tutti gli altri mq destinati a direzionale e commerciale. Il restauro della Stazione frigorifera fu affidato all’architetto Mario Botta, per ricavare, all’interno della Rotonda, un auditorium. Poi, fu invece deciso di realizzare un grande supermercato della catena Eataly di Oscar Farinetti.

La Giunta Sboarina, avrebbe potuto e dovuto fermare il progetto dell’ennesimo centro commerciale, per riprendere l’originale destinazione culturale.

Un quarto caso, è quello relativo alla mancata richiesta alla Regione Veneto di modificare le destinazioni d’uso e le volumetrie del PAQE.

VARIANTE 22

Uno dei primi strumenti urbanistici della Giunta guidata dal sindaco Flavio Tosi, fu il Piano degli Interventi dell’assessore alla pianificazione territoriale, Vito Giacino.  Approvato nel 2012, aveva una durata di 5 anni e scadeva il 13 marzo del 2017. A quella data, su 313 schede-norma (le proposte di edificazione dei privati accolte dall’amministrazione), 225 risultavano decadute, confermando così l’inadeguatezza del P.I., attento a soddisfare le richieste degli investitori privati, anziché rispondere ai reali bisogni della città.

Tra quelle scadute, la Variante 22 ne salva 102, nonostante la Variante fosse entrata in vigore il 17 marzo, 4 giorni più tardi rispetto alla scadenza delle norme. Il salvataggio è stato reso possibile da un emendamento, votato durante l’approvazione della delibera per l’approvazione della Variante 22, in cui viene deliberato che non decadono le schede norma “già approvate in giunta, stipulate con atto pubblico, e che hanno versato tutto o in parte il contributo di sostenibilità”. In questo modo vennero recuperate le 102 schede, e tra queste, il centro commerciale La Cercola, l’ampliamento dell’azienda Nicofer, un resort di lusso alla Spianà, e altre ancora a destinazione abitativa e commerciale.

VARIANTE 23

La nuova Giunta, guidata dal sindaco Federico Sboarina, nel novembre del 2019, presenta e fa approvare dal Consiglio Comunale la Variante 23, riadottata dalla nuova amministrazione. Vennero presentati 568 emendamenti, molti dalla stessa maggioranza che forse preferiva la Variante licenziata dalla precedente amministrazione.

Nella ridefinizione della Variante 23, la nuova edificazione è inferiore rispetto alla precedente stesura, con una riduzione di 15.697 mq di edificato previsto. Alcune delle principali schede norma eliminate sono state quelle di: Palazzina, Ca dell’Orto, Bassona, Cercola, Santa Maria in Stelle, Quinto; dell’ex tiro al volo sulle Torricelle, del centro-golf alla Spianà, della lottizzazione sotto San  Rocchetto a Quinzano e di quella ai Tigli di Montorio.

Rispetto alla Variante di Tosi, sono state riviste le volumetrie di alcune aree produttive dismesse. E’ stata ridotta la superficie commercial dell’ex Manifattura Tabacchi in Z.A.I., portandola da 18.406 mq a 7.000 mq.

Rispetto al progetto tosiano, è stata ridotta la quantità di superficie commerciale dell’ex fabbrica Tiberghien in borgo Venezia, passando da 15.000 mq a 6.000 mq.

E’ stata ridotta da 11.300 a 8.200 mq la superficie commerciale richiesta dal supermercato Rossetto.

Negli ambiti a parco agricolo, è stata verificata la legittimità degli edifici oggetto di recupero, per eliminare quelli abusivi. Delle 94 istanze presentate, 31 furono approvate dalla precedente amministrazione; a seguito dei controlli sull’abusivismo, solo 11 risultarono legittime.

In attuazione alla normativa regionale di pianificazione delle aree destinate a strutture di vendita, il perimetro del centro urbano, in cui era possibile autorizzare la costruzione di nuovi centri commerciali, fu ridotto del 16,86%

Sono state escluse da nuove costruzioni commerciali le aree di Poiano, Quinto e della Spianà, che dovrebbe diventare una zona dedicata allo sport, il centro urbano di Cadidavid, e parte della Bassona.

La superficie agricola da utilizzare per nuove edificazioni è stata ridotta del 18%. La stima del consumo di SAU passò da 784.405 mq della vecchia variante a 645.245 della nuova versione.

Alla conclusione del dibattito consigliare, l’assessore Ilaria Segala, giudicò con queste parole la Variante 23 rivista: “La lottizzazione all’ex Cardi, a Chievo, è stata cancellata ed erano 26mila metri quadrati di residenziale, più 2.200 di commerciale e 900 di direzionale. Sono stati eliminati i Piani urbanistici di San Rocchetto a Quinzano, e I tigli a Montorio. È stato tolto il centro commerciale previsto in passato all’Arsenale, così come il progetto del megastore Ikea, da 40mila metri quadrati alla Marangona, più gli 80.000 del centro commerciale adiacente. Inoltre abbiamo chiesto la riduzione del commerciale nel progetto di riconversione del seminario di San Massimo, abbiamo annullato il Pua del Nassar e 24.000 mq di commerciale alla Cercola di San Michele, e anche 26.000 di residenziale”.

Ma, il consigliere di opposizione Michele Bertucco non condivide l’ottimismo dell’assessora e scrive: “L’urbanistica creativa dell’amministrazione Sboarina-Segala non smette mai di stupire: non solo resuscita schede norma già decadute per mancanza di requisiti (come nel caso della scheda norma prospiciente l’ex Cardi al Chievo) offrendo loro una corsia preferenziale attraverso lo Sblocca Italia”. L’ultima trovata è di ammettere in Variante 23 “rimodulata” una scheda norma che la precedente amministrazione aveva programmato in Variante 24.
E’ il caso della scheda norma 208 in via San Rocco a Cà di Cozzi dove rispunta una vecchia conoscenza delle cronache scaligere, la Nicofer di Moreno Nicolis. La ditta è infatti proprietaria di quest’area (12.700 mq di terreno agricolo) per la quale, in epoca tosiana aveva presentato una manifestazione di interesse. All’inizio il progetto riguardava 1.650 metri quadrati di residenziale poi trasformati con un tratto di penna in 2.498 metri quadrati di commerciale necessari ad ospitare una “media struttura di vendita” a marchio Lidl.

Preso atto che a seguito dell’esito elettorale del 2017 la pratica era finita su un binario morto, i proponenti, che si sono detti pressati dalla stessa Lidl, hanno preso coraggio e si sono fatti avanti con la nuova Giunta, alla quale hanno inviato una osservazione improponibile in cui si afferma l’assoluta urgenza di dotare l’area di un nuovo supermercato (in realtà lì vicino c’è già un Famila). Sorprendentemente ma non troppo, l’Amministrazione ha accolto questa osservazione (che non era presente in sede di adozione della variante 23), con motivazioni non note e che nemmeno gli uffici, da me interpellati, sono stati in grado di spiegare. Rimessa in gioco in questo modo a dir poco imbarazzante, il progetto è ora in attesa di venire approvato con il ritorno in consiglio della Variante 23 rimodulata.

  • Che cos’è che non torna? Con quali criterio si fa saltare la “lista di attesa” ad una scheda norma che era prevista per una variante urbanistica specifica e successiva? Che cosa la rende tanto speciale?
  • Non è vero che la zona è sprovvista di supermercati, a cento metri da Via San Rocco c’è un supermercato Famila bello grosso.
  • Si fa un gran parlare dell’affollamento di attività commerciali lungo Via Preare: ne vogliamo aggiungere un’altra proprio all’imbocco della via?
  • L’opera compensativa, consistente in una rotatoria in sostituzione del semaforo che attualmente regola l’incrocio tra via Cà di Cozzi- via Preare e viale Caduti del Lavoro, sarà davvero in grado di fluidificare il traffico come asserito nella proposta, oppure, trasformandosi nello svincolo di ingresso del nuovo supermercato situato in via San Rocco, finirà per congestionare ulteriormente l’arteria?
  • Non meriterebbe una riflessione il fatto che tale insediamento commerciale sia sempre stato avversato dalla Seconda Circoscrizione?
  • Non meriterebbe prudenza il fatto che Nicofer sia ancora gravata dall’interdittiva antimafia della Prefettura di Verona? E’ vero che è uscita illesa dall’inchiesta giudiziaria, ma proprio qualche giorno fa il Tar ha confermato la necessità dell’interdittiva in ragione dei “plurimi rapporti di collaborazione e di cointeressenza economica con personaggi legati a vario titolo alla criminalità organizzata infiltratasi nell’Italia settentrionale, come già rilevato dal Consiglio di Stato con l’ordinanza del 31 marzo 2016 e come confermato dalla stessa sentenza assolutoria del 21 settembre 2017.”

VARIANTE 29

Si tratta del primo, vero prodotto di pianificazione territoriale, totalmente elaborato dall’attuale Giunta. Le Varianti precedenti, erano pesantemente gravate dalle correzioni per modificare i piani della vecchia Giunta Tosi e quindi, obtorto collo, adattate alle scelte precedenti.

La Variante 29 è stata resa necessaria anche per acquisire le indicazioni della Legge Regionale 14/2017, contro il consumo del suolo, il cui termine era scaduto il 31 dicembre 2019 e poi prorogato al 30 settembre 2020; un ulteriore rimando avrebbe bloccato l’approvazione di qualsiasi altra Variante.

Secondo il sindaco e l’assessore alla pianificazione, la Variante 29 avrebbe dovuto essere: “Un documento urbanistico che cambierà il volto della città”; uno strumento urbanistico che avrebbe dovuto dettare lo sviluppo di Verona per i prossimi anni, basato sul minor consumo di suolo possibile.

Molto diversa l’opinione del consigliere di minoranza Michele Bertucco: “Questa è l’ennesima operazione realizzata per fare cassa, con soluzioni che avvantaggiano i privati a discapito del consumo di suolo”.

Nello specifico: sono state accettate 145 proposte di rigenerazione urbana, per una superficie totale di circa un milione di mq, più o meno un terzo di tutti i vuoti cittadini.

Tra queste:

  • 78 richieste riguardano la riqualificazione delle aree di degrado urbano alcune delle principali sono: l’ex caserma Riva di Villasanta a San Zeno, l’ex banca Cattolica in centro storico, la fabbrica Isap a Parona; Villa Pullè e l’ex Couver al Chievo; l’ex centrale del latte in ZAI; le cartiere Fedrigoni in Borgo Roma; l’ex Galtarossa in Basso Acquar;  la sede della Croce Verde in via del Capitel; l’ex Tieberghien in viale Venezia; l’ex Bendazzoli in Borgo Venezia; il forte Santa Caterina al Pestrino; e l’ex Sapel a Montorio.
  • 11 riguardano la riqualificazione ambientale, con demolizioni integrali di opere incongrue o di elementi di degrado, soprattutto capannoni industriali o agricoli dismessi.
  • 3 sono relative al riuso temporaneo di immobili esistenti inutilizzati. Di queste, una manifestazione d’interesse è per la galleria d’arte di Deiorio; una seconda per trasformare in birreria e palestra verticale un capannone in Zai; e una terza per un lotto in zona produttiva alla Bassona.
  • 53 di privati che hanno fatto segnalazioni per la mappatura di fenomeni di degrado.

Varie proposte non sono state inserite nella Variante 29, ma si sono individuati percorsi amministrativi più idonei alla tipologia di intervento richiesto. Così è stato per l’ex carcere del Campone e per l’ex sede della Camera di Commercio in Piazza Erbe, la Domus Mercatorum, che avranno una variante ordinaria; mentre altre richieste utilizzeranno il più breve iter del titolo edilizio.

Da evidenziare le manifestazioni d’interesse di alcuni comitati cittadini, tra cui: il ’Comitato Fossi di Montorio’ per l’ex Sapel e per la chiesetta di Santa Maria della Rotonda; e il comitato ‘Un parco per la città’ per l’ex cava Speziala.

  • Le richieste degli operatori privati e pubblici arrivate e accettate, riguardano:
  • il 45% per servizi (scuole, case di riposo, impianti sportivi);
  • il 16% per il residenziale;
  • il 14% per il commerciale;
  • il 13% per il terziario/direzionale;
  • l’8% per il turistico/ricettivo;
  • il 3% per il produttivo;
  • lo 0,05 per il settore primario.

Dalla lettura della Variante 29, si desume una richiesta di S.U.L. (superficie utile lorda), rispettivamente di circa:

  • 95.000 mq di residenziale;
  • 75.000 mq di commerciale;
  • 62.000 mq di direzionale;
  • 42.000 mq di turistico ricettivo;
  • 25.000 mq di produttivo;

per un totale di circa 300.000 mq.

Complessivamente, sono state accolte l’80% delle richieste.

L’impressione è che gli interventi proposti, con le relative approvazioni, non rispondano ai reali bisogni della città.

Le domande che ne conseguono sono:

  1. con oltre 10.000 appartamenti sfitti, c’è bisogno di altri mq di residenziale?
  2. Con tutti gli spazi destinati al direzionale, attualmente sfitti, è necessario costruirne altri?
  3. Perché ancora spazi per il commerciale?
  4. Da quali analisi si evince il bisogno di così tanti nuovi alberghi?

Sarebbe interessante capire su quali analisi urbanistiche, si è convenuto che l’attuale assetto territoriale e viabilistico dell’area compresa tra la ZAI e viale Piave, sia in condizione di sopportare le migliaia di mq di alberghiero e di direzionale previste.

In sintesi:

  • nell’ex Safem, sono stati deliberati 6.000 mq di amministrativo-terziario e 8.500 mq di alberghiero;
  • all’ex Macello, 7.300 mq di alberghiero;
  • all’ex Manifattura Tabacchi, altri 17.000 mq di alberghiero.

Inoltre, sono state presentate e probabilmente verranno accettate, le richieste di trasformare in hotel:

  • l’ex sede della Banca Cattolica in Corte Farina;
  • il Palazzo Bottagisio in via Leoni;
  • forse, parte della sede dell’ex Centrale del Latte;
  • parte degli immobili di proprietà di Cariverona, in zona Cadrega (Piano Folin).

Una zona particolarmente interessata alle scelte della Variante, è quella tra la via Gardesana e la strada Bresciana, dove sono previsti 13 interventi tra commerciale, alberghiero, direzionale, produttivo, impianti sportivi, etc., per un totale di circa 41.000 mq di nuove costruzioni.

All’inizio della nuova amministrazione Sboarina, ingenuamente, mi ero illuso che il meccanismo di gestione del territorio fosse cambiato e che la nuova Giunta intendesse pianificare in modo trasparente e partecipato, ma soprattutto su una ben precisa idea progettuale complessiva.

Invece, non si è ancora capito quale modello di città intendano pianificare.

Anche sul metodo e sui contenuti della Variante 29, rilevo non poche sintonie con i metodi della precedente Giunta.

Un Piano Regolatore, dovrebbe analizzare i bisogni di un territorio e individuare i modi e i tempi per fornire le risposte adeguate. Ma la Variante 29 non risponde a questo metodo.

Si era proclamata l’intenzione di aumentare significativamente le superficie a verde e alberate, ma nella realtà di ampi spazi verdi e piantumati, nella Variante se ne leggono pochi.

E’ certamente positivo che, anziché consumare altro suolo, si ricorra al recupero e all’utilizzo del patrimonio edilizio non o sottoutilizzato. A Verona abbiamo circa 3 milioni 700 mila mq di aree degradate e in disuso da riconvertire e riqualificare. Ma il loro utilizzo dovrebbe servire ai bisogni della città, della collettività, non solo agli interessi degli investitori privati. Non si spiega altrimenti l’eccesso di volumi per l’alberghiero, il commerciale, il direzionale e il residenziale.

Come nelle precedenti pianificazioni urbanistiche, si è lasciato soprattutto al mercato immobiliare, la facoltà di dettare le scelte d’uso dei diversi comparti urbani.

Mi rendo perfettamente conto che l’Amministrazione Comunale non ha la forza economica di intervenire direttamente, e che gli operatori privati esigono un giusto guadagno dai loro investimenti; ma si dovrebbe trovare un corretto equilibrio tra chi investe e l’organismo pubblico che ha il diritto/dovere di pianificare le scelte d’uso del territorio.

Ritengo poi una grave carenza, non essere intervenuti adeguatamente sul Centro Storico, che si sta svuotando di abitanti, per trasformarsi in un luogo destinato allo shopping, alla ristorazione, alla movida e al turismo “mordi e fuggi”.

Il solo progetto è stato il Piano Folin, commissionato dalla Fondazione Cariverona. Si tratta di un piano centrato soprattutto su un centro congressi, un hotel, una SPA, e un grande centro museale, senza considerare i problemi di accessibilità.

Giorgio Massignan (Veronapolis)