Domenica 12 giugno 2022, si è votato per i referendum sulla giustizia, e i veronesi anche per il loro sindaco.
Per i referendum, come sta accadendo da tempo, non è stato raggiunto il quorum perché possano considerarsi validi, anzi, hanno toccato il minimo storico.
È un messaggio importante che gli elettori hanno inviato alla classe politica, che ha abusato, anche a fini propagandisti, dell’importante istituto del referendum.
Ben diversa fu l’affluenza alle urne il 2 giugno del 1946, per il referendum tra la Repubblica e la Monarchia.
Verona, con la provincia, scelse la Repubblica, con 204.464 voti, contro i 129.310 per la monarchia. In città, la preferenza per la Repubblica fu di 64.725 votanti, contro i 34.602 per la monarchia.
Andò a votare l’89,8% degli italiani.
In quell’occasione, vennero anche scelti i rappresentanti per Assemblea costituente.
Furono eletti i veronesi Giovanni Uberti e Guido Gonella per la Dc, Silvio Ambrosini per i comunisti e Carlo Caldera per i socialisti.
Elezioni amministrative del 1946
Sindaco: Aldo Fedeli
Il 31 marzo 1946, si tennero le prime elezioni amministrative democratiche a suffragio universale. La D.C. ottenne 21 seggi, il P.S.I.U.P. 18, il P.C.I. 9, la lista Arena di destra 2.
I rapporti politico-elettorali precedenti il ventennio fascista, vennero confermati, con un leggero calo dei partiti di sinistra.
Nella nuova giunta fu riconfermato sindaco Aldo Fedeli; cinque assessori furono assegnati alla D.C. (il vicesindaco Giuseppe Trabucchi, Gino Bozzini, Guido Braggio, Luigi Buffatti ed Enea Ronca), tre ai socialisti (Guido Albiero, Luigi Tretti e Francesco Pomini) e due ai comunisti (Berto Perotti ed Egidio Fiorio).
Lo spirito della Resistenza, consentì ai partiti antifascisti di collaborare in una giunta composta da D.C., P.S.I.U.P. e P.C.I.; partiti che negli anni a seguire furono avversari.
La collaborazione delle diverse forze politiche produsse grandi effetti nella ricostruzione economica, sociale ed anche fisica della città.
Le banche, grazie alla garanzia di un gruppo di industriali, concesse al Comune i mutui necessari per i primi interventi contro la disoccupazione e fu trovato lavoro a circa settemila disoccupati.
Il problema di reperire i mezzi primari di sopravvivenza, sino a quel momento in mano al mercato nero, fu risolto aprendo cinque spacci pubblici che calmierarono i prezzi e bloccarono la speculazione.
Grazie alla riapertura del canale Camuzzoni ed alla conseguente produzione di forza motrice, anche le industrie cittadine furono in grado di ripartire.
Nell’agosto del ’46 il ponte Catena fu ricostruito ed aperto al traffico; venne portato a termine il rifacimento, conforme all’ originale, del ponte di Castelvecchio e il ponte Pietra fu ripristinato nel 1959, dopo un accurato studio storico-architettonico del sovrintendente ai monumenti, l’architetto Pietro Gazzola, assistito dagli architetti Vittorio Filippini, Libero Cecchini e dall’ingegner Alberto Minghetti.
Lo studio prevedeva anche il recupero e la corretta ricollocazione di pietre e materiali scaraventati nell’Adige per l’esplosione.
In pochi anni, dal 1946 al 1953, furono ripristinati sette ponti; in ordine di tempo: il ponte Catena; la diga del Chievo; il ponte di San Francesco; il ponte Nuovo; il ponte della ferrovia; il ponte Garibaldi; il ponte Navi; il ponte San Francesco, il ponte Aleardi; il ponte di Castelvecchio; il ponte della Vittoria e il ponte Pietra.
Tra il 1948 e il 1950, furono recuperati anche molti edifici monumentali: la Biblioteca Capitolare; la chiesa di San Giovanni in Valle; Castelvecchio; la chiesa di San Lorenzo; la stazione di Porta Nuova e palazzo Barbieri.
La sera del 26 luglio del 1948, nacque il Festival shakespeariano su ispirazione di Renato Simoni, giornalista e commediografo cittadino.
Quella sera venne rappresentata la tragedia Romeo e Giulietta di Shakespeare, nella traduzione di Salvatore Quasimodo, per la regia di Renato Simoni e di Giorgio Strehler, con scene di Pino Casarini.
Giorgio Massignan coordinatore Veronapolis
Veronapolis