Chi decide realmente il futuro urbanistico di Verona?

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Sulla Marangona, sull’urbanistica partecipata e sul consumo di suolo, sono costretto a ripetermi, anche se temo non servirà a nulla.
Le recenti dichiarazioni della Confindustria e di ANCE Verona sul progetto Verona 2040, mi provocano non pochi timori. Soprattutto sul futuro della grande area agricola della Marangona.
Il presidente della Confindustria locale afferma: “…è necessario fare di quest’area un brand. Non solo uno spazio ma un’idea di sostenibilità e innovazione. Le aziende e i centri di ricerca dovrebbero scegliere di venire qui per quello che offre e per quello che potrebbe rappresentare…” Mentre l’omologo dell’ANCE sostiene: “un’area chiave per lo sviluppo della città, economico ma non solo.” Il presidente della Provincia è addirittura convinto che: “…va progettata con grande attenzione per i suoi effetti economici e sociali a lungo termine, a partire dalla natalità.” Mentre la vicesindaca del Comune di Verona spiega: “…ascolteremo gli attori istituzionali ed economici. Un’area per la ricerca scientifica, l’innovazione tecnologica, con un ecosistema produttivo e aperto alla valorizzazione ecologica, con caratteristiche di autonomia energetica e rispetto dei suoli…”
Nessuno che si sia soffermato sul recupero del patrimonio edilizio dismesso e sulla tutela del suolo. Da quanto si evince da queste dichiarazioni, sembra che alla Marangona sia riproposta la vecchia destinazione d’uso: polo dell’innovazione. La stessa del P.A.Q.E. (Piano d’Area Quadrante Europa).
Ma, da quello che si è potuto sapere, il Consorzio ZAI ha venduto quasi il 50% della Marangona, tra cui la corte Alberti, di circa 170.000 mq alla VGP Italy, una società europea di sviluppo di parchi industriali e logistici, che realizzerà le strutture relative al primo modulo logistico di 78.000 mq coperti, composto da quattro corpi edilizi destinati a piattaforme logistiche, uffici e locali accessori, serviti da parcheggi e strade di distribuzione interne. Oltre ad un centro per lo smistamento delle merci e dell’e-commerce, saranno destinati ampi spazi per il produttivo.
Mentre, nella vicina zona della Corte Monsuà, dovrebbe essere realizzato il secondo modulo logistico della Marangona. Nulla a che vedere con l’innovazione e la ricerca.
In totale, è prevista la realizzazione di cinque moduli, cioè di cinque ambiti per la logistica.
Va sottolineato che per poter realizzare questo piano, sarà comunque indispensabile una variante urbanistica per l’adeguamento del Piano degli Interventi al Piano d’Area Quadrante Europa.
La vicesindaca sostiene il rispetto dei suoli e la valorizzazione ecologica, ma non sembra sia così. Saranno costruiti volumi per la logistica e per il produttivo, cementificando e impermeabilizzando altro suolo agricolo. Soprattutto, la tanto decantata pianificazione partecipata, in questo caso lo sarà solo per gli attori istituzionali ed economici. I cittadini, come di consueto, saranno costretti ad ascoltare e accettare le scelte prese dall’alto. E, su questo punto, è lecito porsi una domanda: “chi decide realmente le scelte più importanti sull’uso del territorio? Certamente non gli abitanti di Verona che, a quanto pare, si stanno opponendo alla cementificazione della Marangona.”
Sarebbe grave se alcuni esponenti politici, nelle decisioni più importanti per il futuro economico e sociale della città, si facessero “consigliare”, nella totale legalità, da soggetti esterni, portatori di interessi e di investimenti economici. Se così fosse, non solo l’equilibrio urbanistico, ma la stessa democrazia partecipata sarebbe a rischio.

Giorgio Massignan (Veronapolis)

nella foto: Capannone industriale abbandonato

 

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